Scritto da Calogero Di Giuseppe [calogero.digiuseppe@fastwebnet.it]
Quannu finì a guerra
Tanti anni fa, quando l’Italia era in pieno conflitto per la seconda guerra mondiale, e le” truppe alleate” non avevano ancora invaso la Sicilia, in un paese del centro dell’isola, fra tante povere famiglie, ve ne era una più povere delle più povere.
Il capo-famiglia era andato a” lavorare” in Africa…la terra promessa… mentre in casa era rimasta Caterina con i loro figli Tanina (Gaetana), Pina, Giovanni e Mario.
La fame in quella casa si svegliava prima ancora degli abitanti…il profumo della verdura era sempre per aria e lo annusava anche il vicinato.
La pasta e il pane erano gli unici sostegni in quella casa, quando c’erano. Della carne ne avevano sentito parlare vagamente…Qualche uovo (ogni tanto) faceva festa in tavola e ne tritavano la scorza con la scusa che il calcio gli rinforzava le ossa.
Nei paesi del sud i bambini stanno a giocare più fuori che in casa e il portinaio non li rimprovera perché non c’è…e non ci sono neanche i cortili…ma qualche “baglio”, strade e prati secchi senza erba, con tanta libertà da svolazzare liberi come uccelli . Tante volte i bambini andavano a mangiare verdura per i campi o a rubare frutta nei dintorni per riempire lo stomaco, ma l'appetito era perenne: non correte –dicevano le mamme- non sprecate energia se no vi tocca mangiare di più.
Caterina, un giorno, chiese compagnia ad una vicina di casa con la scusa di fare alcune compere, quando con l’amica furono fuori, per le vie del paese, non si decideva ad entrare in nessun negozio, e l’amica, e compagna, spazientita le chiese perché girassero a vuoto …senza comprare nulla . Caterina, piangendo, rispose che l’aveva chiamata perché in casa stava per impazzire sapendo che non aveva soldi e che si avvicinava mezzogiorno e aveva solo l’acqua per cucinare per sé e per i propri figli i quali, come al solito, erano affamati…e non erano i soli né in paese né altrove.
Disse che il fidanzato della figlia Tanina non poteva salire su in casa perché non avevano una sedia in più per farlo sedere; disse anche tante e tante altre cose…
Caterina, grazie alla vicina di casa, non impazzì, né dal dolore né dalla fame perché poterono mangiare tutti anche quel mezzogiorno… ma la sera era imminente e con lo stesso problema: sopravvivere.
L’omu senza travagliu...
Pari cuamu nu sceccu
Ca cchiù nun avi paglia. (1)
Il racconto Caterina è stato inserito nel primo volume di Maria Sorce Cocuzza: “La guerra e il dopo guerra nel ricordo degli anziani” che vi consigliamo di leggere e si è stato classificato quarto al Concorso seconda edizione premio Meliusum Montagnareale 1998.
1) Da Pensieri 6 Giugno 2010. Per molti cittadini italiani, oggi, cominciano ad esserci gli stessi problemi di allora.
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