Bibliografia Mussomelese
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Categoria: Quannu mi chiamavanu Pitruzzu !
Da carusi a carusazzi 17:27 - 28 Marzo 2010

Scritto da Pietro Ciccarelli [pietrocarmelociccarelli@virgilio.it]
Alcune delle nostre conversazioni assittati supra u scaluni



Negli anni Sessanta, in quel delicato periodo che dall’infanzia si passa all’adolescenza, a Mussomeli, i ragazzi cambiavano denominazione: da carusi a quello, non poi tanto gratificante, di carusazzi.
Allora fra i pochi studenti, che malamente per la verità, studiavano sia l’italiano che l’inglese, si venne a scoprire che la parola carusazzi corrispondeva appunto a quella di adolescenti in italiano e di teenagers in inglese.

Ora dovete sapere che ad alcuni venne la voglia di stupire i compagni du scaluni, (allora non c’erano né pub né discoteche e i luoghi prescelti per chiacchierare erano, appunto, i gradini. Meglio se erano tanti, tale da formare quasi una piccola tribunetta) e in quel gruppo storico della nostra cricca lo specialista delle parole difficili divenne il liceale Salvatore.

Il suo segreto era quello di andare a cercare nel vocabolario la parola insolita e poi fare la figura del ragazzo studioso e colto.

Queste alcune delle nostre conversazioni assittati supra u scaluni.

Questo l’esordio di Salvatore:
Picciù u sapiti chi significa onomatopeico?

Chi è ‘na cosa di dutturi - rispondeva Sebastiano.
E’ una cosa che, secondo me - faceva osservare Nino - significa anniversario della morte di una persona importante.
Ma chi dici - correggeva Enzo, futuro insegnante di lettere, ma tannu ancora carusazzu - significa che unu studia per diventare dottore specializzato ni l’ossa.

Allora il trionfo di Salvatore!!!
Siete tutti ignoranti. Onomatopeico vuole dire che si viene a formare una parola che imita un suono naturale. Per esempio, chicchirichì che imita il verso del gallo o bau bau quello del cane.

Sempre il futuro insegnante di latino e greco, Salvatore, qualche giorno dopo tirò fuori un altro parolone.
U sapiti chi significa prosopopea?
Che si mette in scena uno spettacolo che finisce bene - risponde Peppe - appunto prosa in scena.
U sacciu - dice Mariuzzu - un reggiseno che fa vedere le poppe, appunto poppea, cioè “i minni”.
No, sbagliasti, significa ca unu si duna aria di persuna importanti, ‘zumma si sendi un c…e mezzu”.

Un giorno, sempre Salvatore, arriva al solito scaluni e dice:
Oggi, è il genetliaco dell’Arciprete ed alla Matrice è festa grande e missa cantata.
Salvatore, stavolta - risponde Franco - ti futtìu.
C’e tutto il paese tappezzato di manifesti e per una volta anch’io ho fatto come fai tu. Ho visto nel vocabolario. Significa compleanno.

Alla prossima…


Per saperne di più su Pitruzzu Ciccarelli da Mussomeli vi invitiamo a consultare la scheda in Bibliografia Mussomelese (http://digilander.libero.it/stirpes/ciccarellip.html)

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Risorse correlate
  1. Quannu mi chiamavanu Pitruzzu [ http://www.bibliografiamussomelese.org/notizie/viewart.php?idart=1 ]
  2. Piero Ciccarelli su Bibliografia Mussomelese [ http://digilander.libero.it/stirpes/ciccarellip.html ]
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