L’arrivo del trattore e l’emigrazione al Nord o all’estero

 

Oh che bellu u tratturi! Fa u travagliu di cincu muli tutti ‘nzemmula.

Come erano contenti, contadini e proprietari terrieri, quando nelle nostre campagne si videro girare per la prima volta i trattori.
Dopo i trattori, arrivarono le trebbiatrice e il lavoro della pisata, che durava mediamente tutto il mese di luglio, si svolgeva in un mezza giornata.
Non molto dopo, arrivò la mietitrebbia e in un solo giorno si finiva tutto il lavoro nelle campagne.

Ma finirono le campagne e finì il lavoro per molti mussomelesi.

Oltre all’ormai storica emigrazione nelle Americhe, iniziò il mito delle fabbriche del Nord.

Inghilterra, Francia, Germania, Torino ed Albenga erano le mete più gettonate (passatemi il termine) ma, a quei tempi si diceva: unni c’è pani, chiddu è u me paisi.

Ma anche Palermo, che era relativamente vicino (tre ore con l’autobus di Mario Lanzalaco) fu una meta prescelta.

In estate, più precisamente ad agosto e per la festa della Madonna dei Miracoli, arrivavano a frotte gli emigrati: tutti arricchiti, che toscaneggiavano e con l’aria del continente.

Alcuni partivano che si chiamavano Calogero e ritornavano da Londra facendosi chiamare Charles (esattamente come il centravanti della Juventus) e parlavano di pub, di whisky, di fimmini, anzi girl (una diversa ogni sera) e di autobus a due piani (chi ci aviva a fari u pullman di Mario Lanzalaco).
U travagliu addivintò work e lavari i machini to wash a car.
E si perché Calogero o Charles, fate voi, faceva a Londra lo stesso lavoro che faceva a Mussomeli; ma cambiava, non solo la lingua ma al posto della lira c’era la sterlina che valeva un puzzu di sordi, al cambio.

Poi arrivava Francesca da Parigi, ma non si chiamava più così, ma Francoise e da sartina na za Sarina ora lavorava nella Maison di Coco Chanel. Sempri di cusiri si trattava, ma il franco valeva molto di più della lira. Se poi non era la Maison di Coco Chanel, ma più modestamente la boutique di Pasquale Locurto la differenza non era poi tanta !

Da Albenga arrivavano le ragazze che lavoravano nelle fabbriche di scarpe, ma non si chiamavano più Pippina, ma Giusy, non più Tanina, bensì Tania, non più Filomena, ma Filì, non più Serafina, ma Fanny.

Quelle che lavoravano a Palermo da criate passano a cameriere, pardon colf, ma da Ciccina passavano solo più modestamente a Francesca, e Vicia, solamente ad Enza.

Peccato…

Per saperne di più su Pitruzzu Ciccarelli da Mussomeli vi invitiamo a consultare la scheda in Bibliografia Mussomelese

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Scritto da: Ciccarelli_Piero - il 27 febbraio 2011 - Categoria: Quannu mi chiamavanu Pitruzzu ! - Nessun Commento -

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