Nell’immediato dopoguerra, dal 48 in poi, Mussomeli era un paese rurale. L’agricoltura era l’unica risorsa. I cittadini erano divisi in tante caste, professioni e mestieri, rappresentati da vari “circoli sociali”. Dopo 60 anni qualche strascico rimane ancora. I quartieri non sempre corrispondevano con le parrocchie, che prima di aggiungersi quella del Carmine erano tre: la Madrice, San Giovanni Battista, e Sant’Enrico. In quest’ultima vi abitavano la maggior parte dei contadini (li viddana). Attorno alla chiesa di Santa Maria i pastori. A San Giovanni erano mischiati, ma la maggior parte erano mestieranti e bottegai: putiari. Il quartiere della chiesa Madre era abitato dalle maestranze: calzolai, (scarpara), muratori, sarti, barbieri ecc. con qualche professionista, laureati e diplomati, impiegati e possidenti… e la maggior parte delle persone più importanti di allora. Quanto sopra per spiegare e capire meglio quanto stiamo per raccontare, essendo un fatto accaduto… con i nomi dei protagonisti diversi. Come spesso accade il contrasto tra dirigenti, “intellettuali” (alcuni famosi ricchi e potenti) e gli altri cittadini era abissale. Come dimostrano i personaggi in Bibliografia Mussomelese. In quel tempo amoreggiare con una ragazza liberamente era impossibile: li fimmini si taliavanu cu lu binoculu. L’unico sfogo ai maschi potevano offrirlo quelle donne che, bontà loro, facevano “favori gratis dopo aver pagato”. Un lunedì, i calzolai quel giorno erano di riposo, mastro Ciccio era andato di buonora nella sua campagna, in contrada Castello. Lui e il suo asino erano come fratelli, dove andava il padrone andava anche l’asino…poco ci mancava che questo lo aiutasse ad aggiustare le scarpe.
Al ritorno verso casa, si fermarono all’abbeveratoio del Castello e bevvero tutti e due. Naturalmente mastro Ciccio dal rubinetto e l’asino Ciccuzzu (Franceschino) dalla vasca circolare. Appena mastro Ciccio ebbe finito di bere, si trovò davanti, come in un sogno, una bellissima donna prosperosa, armoniosa, vestita bene, tanto da sembrare Venere in persona. Sophia Loren al confronto sarebbe stata ridicola. “Posso bere anch’io? – disse la femmina. “Certo che può…- si scostò per farle posto come se fosse stata una regina. Appena finì di bere lei lo ringraziò e fece per andarsene e lui le disse: “Unni va?…o scusi dove va?” – A Mussomeli? –“ Sì a Mussomeli! – “e ci vuole andare a piedi? sono circa due chilometri…salga sull’asino!”. La fece salire su un muretto e l’aiutò a sedersi sull’asino, che considerava suo compagno e fratello. Appena il ciuco si sentì la bella donna sulla schiena s’incamminò tutto contento. Così poterono avviarsi verso il paese.
Ogni persona che li incontrava guardava e sorrideva. Mastro Ciccio non si rendeva conto perchè i passanti si comportavano in quel modo. Un passante con la bicicletta appena arrivato andò subito ad avvisare la moglie della “bella notizia”: “Signora Maruzza…mastro Ciccio viene verso il paese con la Stagnola sopra l’asino, che figura…” La poveraccia appresa la bella notizia svenne e rimase a lungo incosciente. I curiosi non vollero perdere l’occasione e a centinaia si recarono all’ingresso del paese, al bivio tra Villalba e Caltanissetta (come si fa quando un prete mussomelese arriva per officiarvi la prima Messa). Appena li videro scendere dalla trazzera, un’accorciatoia che non c’è più, cominciarono a battere le mani. Un nulla facente del paese, da un grosso imbuto, a voce altissima urlò: “ Evviva lu zzì Cicciu cu la Stagnolaaaaaaaaa”. A sentire quel nome il poveraccio capì che aveva messo sul suo asino la più famosa Pu… pubblica, benefattrice del Vallone. Donna che tanti favori aveva fatto a Mussomeli, nei paesi limitrofi e oltre.
Come è andata a finire? Io lo so. Provate ad indovinare. I fatti sono veri (ad eccezione dei nomi) se non ci credete… affari vostri sono…ah.
Per saperne di più su Caluzzieddu Di Giuseppe da Mussomeli vi invitiamo a consultare la scheda in Bibliografia Mussomelese