I fatti dell’acqua del 1954 a Mussomeli

 

Il 17 Febbraio 1954 a Mussomeli (Caltanissetta) i carabinieri intervenirono per reprimere una manifestazione popolare di protesta per la cronica mancanza di acqua e la pretesa dell’Ente Acquedotti Siciliani di riscuotere comunque le salate bollette.

Quel giorno alle ore 12,00 circa 2500 persone affluirono alla spicciolata ad una manifestazione contro il sindaco, reclamando l’immediata revoca del contratto stipulato nel 1952. Il sindaco avvocato Giuseppe Sorce rifiutò di farlo ed allora molti presero a lanciare sassi contro il balcone e le finestre del Municipio. Col crescere del tumulto il comandante dei carabinieri, dopo essersi consultato con il sindaco, intimò alla folla di disperdersi. Poiché le parole risultarono vane, le forze dell’ordine lanciarono dei candelotti lacrimogeni per disperdere la folla davanti al Municipio.
Il fumo, l’odore acre dei candelotti, probabilmente sconosciuti alla popolazione di Mussomeli, generò il panico. Il conseguente fuggi fuggi generale attraverso la strettoia di via della Vittoria creò una calca tale da travolgere ed uccidere 4 persone: Vincenza Messina di 25 anni madre di 3 bambini, Onofria Pellitteri di 50 anni madre di 8 figli, Giuseppina Valenza di 72 anni e il giovane adolescente Giuseppe Cappalonga di 16 anni.

Fra i numerosi feriti, 9 erano in gravi condizioni e fra loro un bambino di 7 anni: Baldassare Mistretta.

Le famiglie delle vittime della strage del 17 febbraio ’54 citeranno in giudizio il Ministro degli Interni il siciliano Mario Scelba, il sindaco di Mussomeli Giuseppe Sorce e il comandante della Stazione dei carabinieri il maresciallo Giuseppe Sturiale responsabili, secondo i parenti, dell’eccidio.

Andiamo all’antefatto. Il consiglio comunale di Mussomeli deliberò in data 25 settembre 1952, di affidare all’Ente acquedotti siciliani (E.A.S.) la gestione della rete di distribuzione idrica, con la sola opposizione del consigliere del M.S.I. (Movimento sociale italiano). Il canone venne stabilito in 3.125 lire.

Qualunque sia la versione dei fatti e la verità giudiziaria, un fatto è certo: le donne e i bambini di Mussomeli si erano recati dal sindaco per chiedere l’acqua che da 6 giorni mancava e chiedere la revisione del canone di quell’acqua che essi non avevano. Non chiedevano la terra, non chiedevano il mutamento di un antico ordine sociale, ma solo uno degli elementi che stanno a fondamento della stessa vita degli esseri umani: l’acqua.

Questa la versione ufficiale riferita alla Camera dei Deputati nella seduta del giorno 18 febbraio:
Furono lanciati 7 candelotti di lacrimogeni contro la folla, i dimostranti impauriti sbandarono e cercarono rifugio tra la via della Vittoria e Piazza Chiaramonte. Lì per un tragico caso si trovava un giovane manuale, Francesco Spoto, che portava un regolo di legno per muratori lungo 4 metri e largo 3 centimetri. Malamente il regolo di legno, dato che allo sbocco di via della Vittoria si aveva un punto largo poco più di tre metri, rimase all’estremità attaccato al muro. Sull’ostacolo inciamparono e venivano travolti decedendo sul posto: Giuseppa Valenza, Vincenza Messina, Giuseppa Cappalonga e Onofria Pellitteri.

La versione ufficiale della perizia medica fu la seguente: le persone son decedute a causa dello schiacciamento.
Nessuna delle vittime presentava lesioni esterne riportabili a ferite d’arma da fuoco o da taglio.

Seguirono 44 arresti e il relativo processo.

Al processo venne ascoltato il maresciallo Giuseppe Sturiale che precisò:
Non mi è venuto in mente che il lancio dei candelotti potesse provocare un panico di tale portata fra la popolazione.

Il sindaco Giuseppe Sorce, invece, si limitò a ricostruire la vicenda burocratico-ammistrativa dell’acqua in paese.

Il verdetto finale arrivò con 27 condanne e 17 assoluzioni. La pena più pesante venne comminata al segretario della Camera del Lavoro, Salvatore Cipolla. La sentenza venne confermata in Appello ed ancora una volta venne giustificato il comportamento del maresciallo Sturiale e del sindaco Sorce. La Cassazione porrà fine, in sede giudiziaria, alla vicenda.

Dopo 56 anni da questa immane tragedia, noi che c’eravamo in quei tristi giorni a Mussomeli, non siamo disposti a dimenticare. L’averlo ricordato fa parte dei nostri compiti per tenere desta la memoria e portarla a conoscenza di quei giovani che ancora non sanno.

Dopo 56 anni, costa ancora più l’acqua che il pane!

Sembra incredibile, ma a Mussomeli dopo 56 anni, uno dei principali problemi rimane ancora l’acqua !

Per saperne di più su Pitruzzu Ciccarelli da Mussomeli vi invitiamo a consultare la scheda in Bibliografia Mussomelese

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Scritto da: Ciccarelli_Piero - il 27 febbraio 2011 - Categoria: Quannu mi chiamavanu Pitruzzu ! - 1 Commento -

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1 Commento per “I fatti dell’acqua del 1954 a Mussomeli”

  1. giuseppe noto bonzangu scrive:

    Mi dispiace che non venga ricordato che il giorno della tragedia fu susseguente alla manifestazione spontanea del giorno precedente. Il Sindaco si era allora affacciato al balcone e aveva promesso esaustive risposte dando appuntamento al giorno dopo. C’erano pochi carabinieri della stazione di Mussomeli, perciò preferirono prendere tempo. Il giorno dopo il municipio era presidiato e blindato da uno stuolo di carabinieri. Il Signor Sindaco non si affacciava, come aveva promesso di fare, e la gente cominciava a tumultuare rabbiosa. Non mi risulta di lanci di sassi perlomeno in quantità tale da rappresentare una reale minaccia. La paura del primo cittadino e l’imprudenza tattica del comandante fecero precipitare gli eventi.
    Non mi meraviglia che a pagare furono i rappresentanti del popolo nella sicilia degli anni ’50!

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